Ancelotti, ct-eroe dei due mondi
di Andrea Santoni
Il 16 dicembre 2007 Carlo Ancelotti, già vincitore della Champions League, conquistava per la prima volta la Coppa del Mondo per Club, battendo 4-2 il Boca Juniors con il suo Milan a Yokohama. Un paio di giorni prima, la FA aveva annunciato l’ingaggio di Fabio Capello in qualità di Ct dell’Inghilterra. Era, per la nazionale dei Tre Leoni la seconda volta di un tecnico straniero alla guida dei bianchi d’Oltremanica, dopo Sven Goran Eriksson. Stavolta toccava a un italiano avere la responsabilità della rappresentativa dei maestri del calcio: un momento iconico nella storia tecnica della scuola allenatori italiana, con tutto il rispetto per Trapattoni, a lungo alla guida dell’Eire dall’anno successivo, il 2008.
Ecco, se c’era una figura nostrana capace di superare per suggestione quella pagina da sottolineare, questa non poteva essere che Carlo Ancelotti. E nell’immaginario collettivo il Brasile che sceglie un tecnico italiano per cercare di conquistare il sesto titolo mondiale (che manca in bacheca alla CBF dal 2002), è davvero un punto di svolta leggendario.
Ednaldo Rodrigues, presidente della Federcalcio verdeoro, un nome e una faccia da antico mago carioca del futebol samba, in realtà solo un calciatore dilettante una cinquantina di anni fa, il fuoriclasse l’ha voluto in panchina: “E il tecnico più grande del mondo e adesso guiderà la più grande nazionale del mondo. Sia chiaro per tutti: vogliamo tornare in cima».
Obiettivo dunque il Mondiale 2026: questo chiede il Brasile a Carlo Ancelotti e al suo staff, confidando che l’uomo record delle 5 Champions, della trentina di titoli messi insieme nei 5 campionati europei più importanti, sia, a 66 anni, il ct predestinato a ridare allegria al popolo calciatore, per dirla con Jorge Amado.
Nella primavera del 2018 ci aveva provata la Figc, allora commissariata dopo lo shock per l’eliminazione dal mondiale di Russia, ad affidargli la Nazionale. Ma Ancelotti, dopo alcuni giorni di riflessione, aveva declinato la proposta, presentatagli dal duo Fabbricini-Costacurta in un incontro che doveva restare segreto all’hotel Parco dei Principi, a Roma. Sono così arrivate le ultime stagioni di gloria al Real, prima dell’addio all’amata Madrid ormai imminente.
Dunque dopo l'uruguaiano Platero, il portoghese Joreca e l'oriundo argentino Nuñez la Seleçao avrà un ct straniero. E Ancelotti, detto con rispetto, il nostro Garibaldi del calcio, 190 anni dopo l’eroe dei due mondi, approderà in Brasile, chiudendo idealmente il cerchio della sua straordinaria storia di allenatore. Una carriera iniziata nel 1994, allora da collaboratore tecnico azzurro di Arrigo Sacchi, a Usa ’94, terminata amaramente a Pasadina, proprio a favore dei brasiliani di capitan Dunga. Stati Uniti nuovamente teatro di un mondiale, nel 2026 (con Canada e Messico), tanto per far collezione di rimandi.
Ci aspetta così, vogliamo sperarlo, un torneo che, in panchina, potrebbe parlare italiano come non mai. Proprio in Brasile, nel torneo iridato 2014, c’erano tre “nostri” ct: Prandelli (Italia), Capello (Russia), Zaccheroni (Giappone). Non andò bene a nessuno dei tre. L’anno prossimo la scuola italiana allenatori potrebbe portare a un mondiale Spalletti, Ancelotti, Montella (Turchia), Marco Rossi (Ungheria), Francesco Calzona (Slovacchia), Paolo Nicolato (Lettonia), Emilio De Leo (Malta) fino al sogno Comore di Stefano Cusin.
foto credit: FIGC